Questa volta crederai veramente che sto delirando. Forse più di quando ti invitavo a riflettere sull’inesistenza del tempo.
Però la domanda non è peregrina, ed è stata oggetto di studi psicologici molto dettagliati ed approfonditi, di cui puoi leggere più diffusamente in “Conterclockwise”, della psicologa Ellen J. Langer.
E cosa avrebbe scoperto questa visionaria sul ringiovanimento?
Adesso ti spiego quale fu l’esperimento:
Nei primi anni del duemila la dottoressa chiese a degli ospiti di una casa di riposo se volevano partecipare ad un esperimento. Selezionò due gruppi di anziani, avevano grossomodo la stessa età, erano equamente suddivisi tra uomini e donne e non erano affetti da patologie particolari.
Dopodichè fece vivere un gruppo di anziani, per una settimana, secondo le loro precedenti abitudini: con l’assistenza che avevano nell’ospizio, con degli infermieri a disposizione ed assumendo le solite pillole.
Il secondo gruppo, invece, fu fatto vivere, durante la stessa settimana, in una casa arredata con mobili degli anni sessanta. Non solo, la radio e la televisione riproponevano programmi degli anni sessanta, e vi erano riviste di quello stesso periodo. Gli anziani vennero, poi, richiesti di fare delle passeggiate e di ridurre il consumo di medicine. Ah, e le camere erano tutte arredate in modo diverso: sia per ravvivare la situazione e far dimenticare che si stava vivendo in un’istituto per anziani, sia per non costringere gli anziani al rincoglionimento… l’autrice, infatti, scrive provocatoriamente che anche la persona in migliore salute si confonderebbe di stanza se vivesse per lungo tempo in un luogo in cui le stanze sono tutte scialbe ed identiche.
Avrai ormai immaginato gli esiti dell’esperimento…
Gli anziani che avevano vissuto in un ambiente che simulava l’epoca in cui loro avevano circa quarant’anni di meno, a seguito di regolari esami medici (elettrocardiogrammi, analisi del sangue e test di memoria, tra gli altri) risultavano in condizioni di salute decisamente migliori; alcuni presentavano anche lievi segni di ringiovanimento del viso; mentre gli anziani che avevano vissuto “da vecchi” non presentavano miglioramenti di sorta.
Incredula dei risultati, la dott.sa Langer ripetè l’esperimento con altri individui, ma anche questa seconda volta i risultati rasentarono l’impossibile:
[Tweet “Vivere “da giovani” rendeva gli anziani più giovani!”]
E si tratta di una scoperta che probabilmente non ti sorprenderà troppo, se sei già appassionato alle tematiche spirituali trattate in questo sito, oppure se hai sentito parlare di effetti placebo e fenomeni simili.
Già ho scritto che sarebbe opportuno che la scienza e lo studio delle discipline spirituali dovrebbero essere combinati per raggiungere risultati più utili all’umanità, ed il testo si pone in questa prospettiva.
In particolare, propone che la medicina sia più sensibile alle potenzialità dell’anima e della volontà, e che affronti le anamnesi, e proponga le diagnosi, in un modo olistico.
Il testo Counterclockwise, dopo avere descritto il rigore scientifico della selezione dei partecipanti all’esperimento, della conduzione dello stesso e delle analisi successive, si allontana dal campo della scienza per avventurarsi in speculazioni rivoluzionarie e metafisiche.
La stessa autrice, infatti, mette in discussione l’ atmosfera rigorosa ed asettica dell’esperimento e delle pratiche mediche e suggerisce che anche semplici cambi di prospettiva mentale potrebbero migliorare enormemente le condizioni di vita degli anziani e dei malati.
L’autrice, ancora con metodo spirituale piuttosto che scientifico, sottolinea l’impatto deleterio che il linguaggio ha nel decorso delle patologie (e si sente riecheggiare, nel suo scritto, quanto espresso magistralmente nel libro “I quattro accordi”).
Ma come, il linguaggio aggrava le malattie??
Espongo un esempio dal libro: un’anziana aveva grande difficoltà a chinarsi ed a portare grandi pesi. La stessa, quindi, poteva recarsi a fare la spesa da sola ma, al ritorno a casa, era costretta a poggiare la busta a terra per prendere le chiavi di casa dalla borsa, dopodichè non riusciva più a riprendere la borsa con la spesa.
Ebbene, questa situazione fu tradotta da lei, dalla famiglia e dai medici consulenti con questa frase:
Impossibilità di vivere senza essere accuditi.
Quindi, si decise che la signora avrebbe dovuto vivere in una casa di riposo.
Ma vi sarebbe stata un soluzione molto più semplice, economica e che avrebbe significato tanta più felicità per l’anziana, e si trattava di una soluzione banale:
Mettere una mensola sul pianerottolo, dove la signora avrebbe potuto poggiare la spesa e poi riprenderla con facilità.
Ma la soluzione, per quanto semplice, forse addirittura ovvia, fu completamente saltata, perchè la condizione di anziana, o, meglio, la parola “anziana”, avevano influenzato tutti i soggetti coinvolti nella valutazione della situazione: la signora era anziana, quindi era la cosa più ovvia di rivolgersi ad un dottore e di considerare che questa non fosse più indipendente.
(Quante volte ti sarà sfuggita una soluzione ovvia ad un problema, semplicemente perchè hai agito in modo automatico?)
L’autrice, con questo ed altri esempi di casi concreti, ci avverte, quindi, di non sottovalutare il ruolo che le convenzioni sociali, le abitudini e, appunto, le parole possono avere nel aggravare o migliorare una determinata condizione di salute.
Ovviamente, l’autrice non condanna a tutto tondo la classe medica ed i suoi metodi, ma osserva come questa, così come i pazienti, adottino degli automatismi che finiscono per peggiorare la condizione di salute e negare all’individuo il ricorso al suo grande potere mentale e spirituale, i quali lo porterebbero più rapidamente ed efficacemente a guarigione.
Nelle ultime pagine del testo, poi, è presentato il risultato di un’ ulteriore esperimento che ha dimostrato palesemente i benefici della meditazione per gli anziani. Le conclusioni dell’autrice sono che la meditazione, aumentando l’autocontrollo e l’armonia delle emozioni e dei pensieri, aiuta gli anziani a prendere meglio consapevolezza della loro condizione, e del modo in cui la società, generalmente, li etichetta e definisce -anche a fin di bene. Grazie alla meditazione, ad esempio, gli anziani sono in grado di rifiutare, gentilmente e serenamente, alcuni aiuti fisici che gli vengono offerti, camminando sulle scale da soli. Ciò, a sua volta, porta ad un maggiore esercizio fisico, quindi ad un migliore stato di salute fisica, e così via, in un circolo virtuoso.
Per avere maggiori informazioni sul libro Counterclockwise clicca qui.